Nata a Torino nel luglio 1899, la Fabbrica Italiana Automobili Torino è andata nel corso dei decenni allargando il suo campo d’interesse fino a diventare uno dei più importanti gruppi finanziari privati italiani.
Durante il ventennio fascista i rapporti tra l’azienda torinese e il regime furono molto stretti. Ma se da un lato la politica autarchica propugnata da Mussolini aiutò la Fiat a espandersi enormemente sul mercato interno, dall’altro ne frenò quasi completamente lo sviluppo all’estero. Di fatto però se prima del conflitto mondiale la Fiat era al trentesimo posto per capitalizzazione tra le industrie italiane, all’indomani dell’armistizio occupava stabilmente il terzo posto.
La guerra lasciò sul terreno un cumulo di macerie e una produzione ferma a dieci anni prima; ma Vittorio Valletta prima e Gianni Agnelli dopo seppero risollevare l’azienda italiana. Già nel 1949 viene lanciata sul mercato una delle auto che avrà maggiore successo negli anni a seguire: la 500, un cui prototipo era già stato presentato nel 1936 e che insieme al modello un po’ più grande, la 600, diventerà la rappresentazione iconografica del boom economico italiano.
Con gli anni seguiranno molte altre vetture, dalla 850, lanciata nel 1964, alla 124, la 126 e poi la Regata, la Ritmo, la Panda, la Uno, tutte macchine che faranno la fortuna dell'azienda torinese.
Gianni Agnelli fu presidente della casa torinese dal 1966 al 1996, anno in cui lascerà la guida a Cesare Romiti, sebbene continuerà ad occuparsi dell’azienda di famiglia fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio del 2003. Durante i 30 anni della sua guida la Fiat incrementò la vocazione multinazionale e plurisettoriale dell'azienda: ai prevedibili stretti rapporti con gli Stati Uniti, si unirono le aperture al mercato sovietico negli anni sessanta e poi l’accordo del 1976 con il quale la Fiat cedette alla Libia del colonnello Gheddafi il 10% di azioni in cambio di 415 milioni di dollari, denaro fresco di cui la casa torinese aveva enormemente bisogno.
Gli anni duemila segnano, grazie alla figura di Sergio Marchionne, l’ultima svolta in casa FIAT: l’acquisizione della Chrysler prima e la trasformazione in FCA segnano la nascita di una nuova storia.
Gli Agnelli, una dinastia italiana
Per l’italiano medio, nato e cresciuto in questo paese nella seconda metà del secolo scorso, l’Avvocato Agnelli con la erre moscia, i modi impeccabili e l’orologio allacciato sopra il polsino è la Fiat; e la Fiat è Torino con gli stabilimenti di Mirafiori e le tute blu al lavoro; la Fiat sono le lotte sindacali, l’autunno caldo e poi la marcia dei 40.000 del 1980 che segnerà la più dura sconfitta del sindacato italiano dopo un decennio di importanti conquiste.
La Fiat è anche la Juventus, la squadra più amata e più odiata del panorama calcistico italiano, quella che vince tutto perché ha i campioni migliori secondo i suoi tifosi e gli arbitri sempre dalla sua parte secondo i suoi detrattori; la Fiat sono le macchine italiane, prima la maggior parte e poi proprio tutte.
Gli Agnelli, la Fiat e il potere
Infine la Fiat è il potere, gli aiuti di stato, la cassa integrazione sempre garantita, la costruzione di autostrade che finiranno per mortificare il trasporto su rotaia regalando ad automobili e camion un primato sconosciuto in qualsiasi altro luogo d’Europa.
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